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Genova, saudade e spleen
1. La notte dentro il mio giardino
Se una notte io inciampassinel tetto del campanilesepolto nel mio giardinoe se tutt’intornonon regnasseche il vano sogno di ruggitodel mio gatto annoiato,cercherei di attaccareil tuo viso alle costellazioniusando il filo dei miei bottonie quello dei miei ricordiE quei bottonicaduti fra le roseseminerebbero albericon maniche al posto di ramio verrebbero creduti navi alieneda formiche e falene.
Mi sfilerò la spina dorsalee la metterò a sostenere piante di pomodorio me la toglierò per provar l’ebbrezzadi sentirmi sacco vuotodopo una vita passata da polenacol petto in fuoria schivar colpi e tempesteDiventerò grumo informedove i miei organi possano finalmente stringersi la manodopo aver lavorato per anni in uffici separatisenza incontrarsi neppuredavanti alla macchina per il caffédei miei occhi chiusi per sonno.
Movimenti notturni nel mio giardinoe brezze sideralile radici degli alberi cercano tane di talpeda calzare come guanti neriIl firmamento è un armadio lasciato apertocon stelle buchi di tarmaSenti questo ventoquanto assomiglia agli oscuri bisbigliche captavamo sulla strade di Patmosquesto soffio continuoche fa ondeggiare come tergicristallile fronde dei miei salici con le cetre attaccateche paiono ramazzare via le stelleammucchiandole in un angolo del cieloin attesa della scopa di raggi di solee la paletta del mio guanciale.
Ho strappato la falce alla Morteper aggiustare il pratoper il nostro pic nic di domaniTi preparerò un’insalata di fogli di calendarie quadranti d’orologiperché dentro al tuo senopossa albergare una rampa di lancioper i nostri viaggi infiniti
Ci sarà una tovaglia piena di cibie vino a volontàche il mio vicino Tyco Braheha prodotto tra sestanti e numeri scritti a matitasarà una festa con canti rauchi di roveticon scatole di biscottipiene di rotaie da metterci ai piedie amici invisibili che ci faranno stare bene
Ma ora, con questa falce in manoin mezzo al buiom’inebrio ancora dell’odore acre di incendi lontanie delle nozze di ferro e cementodell’autostrada vicinaseguo la rotazione del mondodentro al mio giardinocon la luna che scompare e riapparedietro i ciliegi.
Il cancello grida la sua voglia di grafitealle lampade che ballano attorno alla verandaSono convinto che ci sia qualcosa tra lorotra la sua voglia di staccarsi dai cardinie la loro ansia di sputare fuori il cuore di tungstenoMovimenti notturni nel mio giardinoe vertigini abissalimi sembra quasi di nuotare nel cono di un vulcanoo nel lavabo di un gigantequando misuro di notte la bellezza della vita.
2. Aperitivo in centro
Il mio cuore è una sedia vuotadove nessuno si vuol sederee il cervello una spugna fradiciache gli angeli strizzano nel tuo bicchiereE quel tuo sguardo d’ossidiana roventeche ti scivola lungo il naso fino a farsi bacioe più giù, fino alle nostre ginocchiache si toccano, si evitanoscambiandosi desideri d’ossa e sinovitiAperitivo in centroe non so che cosa direTavolino, piattini, seni sotto il maglione, orlo di bicchieri:è un delirio di rotondità che sfuggee falena sbatte contro i vetri del tuo silenzioLa strada balla veloce sulla coda dei nostri occhiLe dita sono ganci per appendere i tuoi sorrisiDammi una parola da incorniciare stasera sopra il mio lettoché è stufo, sai,delle lacrime di madonnee dello stillicidio di stigmate perenniDammi i tuoi piedie magari sdoppialicosì che li possa far calzare al tavolo di cucinae baciarli ad ogni prima colazioneinginocchiandomi in orazione laica e carnaleOppure alzati, andiamo.Apri quel compasso abbronzatoche fu usato per tracciare l’equatoreContro il tramontoil tuo profilo neros’intreccia con la stenografia delle cime di collinee ogni tuo passo è un punto esclamativo.Lasciami essere camiciasotto il ferro rosso della tua linguaLasciami essere mareper le tue mani seppiegonfie d’inchiostro e certezzeE questa notte ascolterò il gioco d’arpa dei tuoi piedi sottilitra le lenzuola e le fiammee chiuderò i tuoi palmidopo averci lettol’ultimo indimenticabile capitolodella mia giornata.Lascia che sia io ad aprire la porta dei tuoi sogniprima di posarei miei occhi sul comodinoe il mondo sulle spalle di Atlante.
3. Sono
Sono l’apostolo lasciato fuori dall’Ultima CenaSono il garibaldino arrivato troppo tardi allo scoglio di QuartoSono il Messia di una religione in cui nessuno crede Io sono l’escluso, l’outsider, il maledetto che non cede
Sono il protagonista che muore nella prima paginaSono il gatto guercio che nessuna vecchia vuol carezzareSono la bestia idrofoba che morde la mano tesa per pietà Io sono l’escluso, l’outsider, il maledetto senza età
Sono l’onda anomala che porta via asciugamani e radiolineSono il malinteso che fa litigareSono il diavolo che ha schivato il calamaio di LuteroSono la pellicola che si strappa sul più bello Io sono l’escluso, l’outsider, un chiodo nel cervello
Sono la pallina del flipper che cade un punto prima del recordSono l’autorete all’ultimo secondoSono il bimbo che ghigna contro le sberle della madreSono la paura dell’erba che sta per essere falciata Io sono l’escluso, l’outsider, questa pagina strappata
4. A mia madre
Ti ho visto in faccia in quella stanzaio sporco di sangue e mucotu stravolta e curiosaHo tentato di dirtiche non ero sicuro di voler restare fuori di tema le parole che avevo in testanella mia bocca si impastavano maleAvevo appena imparatoche tutta la vita sarebbe stata ipocrisia e paradosso:ti avevo appena fatta soffrireti avevo fatta sanguinareeppure ero io a piangeree tu a sorridermiTi ho visto in faccia in quella stanzamentre mi portavano viaC’era troppa confusione per dirti quanto fossi felicedi poter finalmente dare un visoal ventre che mi aveva ventreE più tardi con i miei colleghisi discuteva di reincarnazione,di eterno ritorno, dei cicli di Vico,ma non vedevo l’ora di rivedertie di conoscere il tuo uomo e vostro figliodei quali sentivo la voce ovattata e lontana.Ti ho visto in faccia in quella stanzae darei tutto quello che hoperricordarmene.
5. Antininnananna
Chissà cosa c’è al piano di sopraAratri di sedie e rimbalzi di gridamentre veli di tende mi nascondono il solein questo salotto dove il nulla m’assale
Ho provato a bussare con la scopa al soffittosono andato più volte a suonare alla portama solo suoni oscuri dalla dubbia coerenzasono stati la risposta ai miei tentativi
Sembravano preghiere con scoppi di risae sibili, sonagli e sospiri sommessivoci moltiplicate come ci fosse una follae fastidiosi ronzii di radiointerferenze
Cosa diavolo ho sopra la mia testauna scatola magica che contiene l’infernouna porta da cui non esce mai nessunoUn soffitto mi separa da un mondo che non so
E le notti son lunghe se la paura m’incalzase le voci di sopra mi scavano dentrose uno strano presagio m’induce a pensareche se ora chiudo gli occhi, giammai li riaprirò.
6. Epicedio
Non sento ortidentro mesolo steppa e tundraNessun fruscio di crescita o di vitaNessuna trasformazioneNessun organo di luceSoltanto scie grigiecome vortici di numeri di roulettee lampi magricome radici di pianta carnivorache divora angeli e aereial di sopra delle nubi
Non sento portidentro mesolo navi bombardateNessun formicolio di pulsante gioia attivaNessun trasporto o sollevamentoNessun roteare di fariSoltanto voragini e banchine sbrecciatesolo ganci di gru abbandonateche dondolano al vento come donne impiccate
Non sento mortidentro mesolo scheletri e silenziNessun ricordo spezzatocome un ombrello dal temporaleNessuna ernia da sollevamento lapidiNessun cacciavite a inchiavardare bareSoltanto un asindeto di visioni amaresolo semafori lampeggianti grigioin incroci deserti orfani di clacson
Non sento fortidentro mesolo tende strappateNessuna donna che si fa sull’uscioa salutare l’uomo che va viaNessuna casa dalla schiena di pietraNessuna chiesa con le croci intereSoltanto ombre impresse sui murie ponti che percorre solo il ventoe solo il vento un giorno potrà ritornare.
7. Un giorno mi ritroverete
Un giorno mi ritroveretea giocarecon i gabbianisul declivio di Ostendao con i loro colleghiseduto sui foruncoli pietrosidi Leça da PalmeiraUn giorno mi ritroveretea bussare inutilmenteal teatro abbandonatodi Ulica Piotrkowskao a camminaresbandando da un muro all’altronelle calle della CandelariaUn giorno mi ritroveretead ascoltare per ore interela sinfonia in re bemolledel vento settembrinonei caruggi o nei barriosUn giorno mi ritroveretea contare i mattonidelle chiese di Brugeso a farmi insultareper le strade di Oslo.Un giorno mi ritroverete.Per adesso, smettete di cercarmi.
8. Palingenesi
Mi sembra impossibileessermi lasciato la battaglia dietro di meclangori d’armie quell’odore dentatodi carne e ferrole urla che uscivano dagli occhile urla che rimanevano inscatolate negli elmi svitati dal bustole urla che diventavano sanguee come sangue si rapprendevano e si raffreddavanoE quante braccia che si levavanoda corpi immobilizzati e deliranticome radici alla ricerca dell’acquaUn tappeto di erba e rumoreè quello che gli zoccoli sotto di mecalpestano felpatiNon so da quanto siaaggrappato alla crinieraa voltarmi indietrosputando terrore a ogni secondoSono appena uscito dall’infernola testa ovattatae quei rumori metallicia scavarmi dentrocome cucchiaioche s’ostina a pescare dal piattol’ultimo goccio di minestraDeglutisco il mondo ad ogni momentoe poco dopo mi è di nuovo in boccamentre zolle si sollevanoe danzano attorno al galoppoNessuno ormai mi sta seguendosulla via che mi conduce a casatra poco sarò libero di riemergere dalla morteIn un’ansa del fiume mi fermo a beree pulire le feriteRivolgo il mio viso al Cieloe i miei occhi si schiantano sulla nucaNelle orbite vuotenidificheranno avvoltoi e vendette,la mia lingua diventerà un’agave spinosaPerfino il mio cavallo ha uno sguardo gelidoda gatto scalciato per la stradanon vede l’ora di fare la strada al contrarioe ritornare in quel campo di mortea riprendersi l’orgoglioAbbiamo diviso l’attacco e la fugail furore e la paurasoltanto per tornare a sentire le tue maniAltrimenti saremmo rimasti là,perdendo un brandello per voltaper aiutare più zolle possibilia diventare fertiliLa sera cadee intravvedo la nostra casasolo rovine, distruzione, il tuo corpo smembratole tue mani che non sanno più scaldarmile tue mani finite come un gioco qualsiasigli avvoltoi stanno riposando nelle mie orbite vuote.Domani li porterò a nutrirsi.